Angela scrive:
Seconda testimonianza giunta da Angela in cui attraverso l'O.L.O.M. e impacchi di "Regulat" ha salvato una donna da un quasi certo intervento chirurgico. La medicina ufficiale dopo più di un anno non dava risultati positivi.
Nel marzo del 1992, l’assessore alla Sanità di Roma, Gabriele Mori, decise di “oscurare” una cinquantina tra radio e TV, delle oltre 400 emittenti della capitale. Perché tanto rigore? Perché molte, sgomitando per imporsi nel bacino di utenza di circa 5 milioni di spettatori, avevano potenziato i propri impianti in modo tale da liberare nell’etere raggi pericolosi per la salute pubblica. A Milano, nella zona di piazza Repubblica, secondo le rilevazioni di Luca Del Bo, ingegnere dell’Istituto di audiologia dell’università, il livello di onde radio è 1000 volte superiore a quello delle zone campione lontane da emissioni, e supera i limiti di sicurezza stabiliti dalle normative internazionali. Sono casi sporadici? No, nelle grandi città ci sono numerose zone a rischio di onde per l’elevata densità di radio commerciali e di Tv private. La gente sa di viverci perché televisioni e radio sono disturbate in continuazione, o perché avverte uno stato di malessere accompagnato da irritabilità, insonnia, debolezza, mal di testa e palpitazioni. A Roma, nel raggio d’influenza della selva di antenne installate a Monte Mario, c’è pure il policlinico Gemelli e nessuno ha ancora valutato gli effetti dell’uragano elettromagnetico generato dalle emittenti sulle sofisticate apparecchiature diagnostiche dalle quali dipende la vita di centinaia di persone.
Viene alzata la temperatura e per l’uomo sono innocui i bagni di onde-radio? Il dibattito è più che mai acceso. Per quanto vi siano ancora molte domande senza risposta, una serie di dati va comunque considerata acquisita. Radiofrequenze e microonde, in primo luogo, hanno un effetto termico, ossia alzano la temperatura del corpo. Le parti più vulnerabili sono quelle percorse da pochi vasi sanguigni, e per questo incapaci di disperdere il calore in eccesso, perché il flusso di sangue lì non ha modo di agire come regolatore termico.
Gli organi più esposti alla minaccia del calore sono il cervello, il cristallino dell’occhio e le ghiandole sessuali (testicoli e ovaie). Ma il pericolo più temuto è quello sulla “centrale di comando” delle cellule: l’effetto cancerogeno. Nella località di Sutton Coldfield, presso Birmingham, dov’è installata la più potente antenna trasmittente per la radio-televisione in Gran Bretagna, su un’area tra 400 e 1500 metri dall’antenna, il medico locale ha riscontrato negli ultimi tempi sette casi di leucemia e di linfomi in persone tra 18 e 66 anni, tutte residenti sul posto da oltre venticinque anni. Adesso gli scienziati inglesi hanno deciso di approfondire le ricerche sui probabili legami tra tumore e radiazioni non ionizzanti. Un nostro servizio che si protrarrà anche nei quaderni futuri.
Anche in Italia sono stati segnalati episodi preoccupanti. Nel 1990, Giuseppe Ranalletta, medico e sindaco di Trasacco, paese abruzzese della piana del Fucino, ha inviato una denuncia alla Usl di Avezzano contro Telespazio. Il sindaco temeva che ci fosse uno stretto legame fra il recente aumento di tumori dei cervello e leucemie riscontrato nel suo territorio e le enormi antenne del centro spaziale. La questione è ancora tutta in alto mare, dilaniata da perizie e controperizie. Maggior rischio di leucemie. Sempre nel campo delle alte frequenze, nel 1990 Genevieve Matanoski, dell’università John Hopkins, ha potuto documentare come tra gli addetti alle riparazioni delle linee telefoniche dello Stato di New York ci fosse una maggiore incidenza di leucemie e linfomi rispetto alla popolazione normale.
Ha detto la studiosa americana: "Di fronte a quanto sappiamo, mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi è da suicidi". Le grandi stazioni di radar civili e militari (per il controllo del traffico aereo, per la difesa antiaerea e per la raccolta di dati meteorologici) sono un importante fattore di inquinamento da radiofrequenze. Sulla via Tiburtina, a Roma, sorgono numerose fabbriche ad altissima tecnologia e fra due di queste aziende è avvenuto, un paio d’anni fa, un “incidente elettromagnetico”. In Italia un caso che fa pensare . Il collaudo di un nuovo tipo di radar, appena sfornato dai laboratori di ricerca, ha procurato in una vicina casa discografica una bufera di interferenze durante l’incisione di dischi e cassette. In Francia, un infortunio analogo, nel corso del controllo di un radar, ha cancellato l’archivio elettronico del centro di calcolo d’una banca poco distante. Ma le microonde dei radar hanno effetti nocivi anche sull’uomo. Un fatto clamoroso porta le stellette. Nel 1978 il dottor Franco Sarto, allora ricercatore dell’Istituto di medicina del lavoro dell’università di Padova, su 41 sottufficiali preposti alla manutenzione dei potenti radar contraerei Hawk nelle basi militari tra Mestre e Rovigo, ha documentato rotture dei cromosomi (sono l’anticamera del tumore) con una frequenza superiore alla norma. Dieci anni dopo, nel medesimo gruppo di radaristi ci sono state sei morti per leucemia o mieloma. Ma le autorità militari hanno impedito al dottor Sarto l’accesso alle basi missilistiche per eseguire le misure del grado di inquinamento elettromagnetico, sicché non c’è mai stato il modo di condurre uno studio scientifico. Nonostante ciò, fatti i conti, la frequenza di tumori negli specialisti assegnati ai radar, hanno valutato gli esperti, era 30 volte superiore alla media. Un caso? Con ogni probabilità, no. Alcune ricerche sugli effetti cancerogeni dei campi ad alta frequenza, su radioamatori e militari hanno documentato con ragionevole certezza un aumento del rischio di leucemie e tumori cerebrali.
Questa è una sua testimonianza che segue quella pubblicata nel 2008 sul nostro quaderno n. 0 Era l’8 settembre 2011 quando ho incontrato l’organizzatrice di una sfilata alla quale, come tutti gli anni, ho partecipato come collaboratrice. Ricordavo che l’anno precedente, durante la stessa occasione Roberta, (questo è il suo nome) era su una sedia a rotelle poiché era stata operata ad una caviglia. Mi è venuto spontaneo guardare proprio in quel punto ed ho notato che scendeva del liquido. Così, le ho chiesto se aveva ancora dei problemi nonostante fossero già passati tanti mesi e lei si è messa a piangere ed ha iniziato a raccontarmi. "La storia del mio piede è iniziata il 2 giugno del 2010 con la rottura del tendine d’Achille del piede sinistro e si è articolata tra decine di malefatte. Infezioni, rirottura, interventi in campo infetto, medicazioni a cadenza bi-settimanale con scarnificazioni ambulatoriali, rischio amputazione e scarnificazione chirurgica; molte settimane di ricovero e centinaia di antibiotici in flebo e per bocca; 3 interventi, 1 mese di camera iperbarica, 1 mese con l’apparecchio di Vac Therapy e mesi di medicazioni.
Dirottata a chirurghi plastici e in reparto grandi ustioni; tentativi con collagene equino, acido ialuronico micronizzato; di tutto insomma… Dopo 14 mesi, il mio piede ancora non ne vuole sapere di guarire…" Questa è l’immagine di come si trovava proprio quando mi stava Fig. 1 9 raccondanda. Appariva visibilmente rassegnata, depressa e continuava a piangere. Così le ho detto: "Roberta, se ti fidi di me tra 2 mesi sei guarita". E lei mi ha risposto: "Perché no! Le ho provate tutte tentiamo anche questa; è naturale al massimo non conterà!". Le ho testato alcuni prodotti con il biotensor ed ha richiesto: Regulat pro Bio ingerito a piccoli sorsi 20 ml x 3 volte al giorno un bendaggio sulla ferita con Regulat pro Bio in soluzione diluita al 50% con acqua sterile (sostituendolo 3 volte al giorno) Nel frattempo, 2 volte alla settimana per 1 mese le facevo fare 12 minuti di Oscillatore a Lunghezze d’Onda Multiple di Lakhovsky (O.L.O.M.-O.R.A.) ogni seduta, nella frequenza richiesta (sempre testata con il biotensor). Contemporaneamente, ho iniziato dei trattamenti con strumenti Orgonici a distanza per via Radionica proprio su questa foto del piede: ogni giorno testavo con il biotensor i tempi e, mentre all’inizio erano necessarie parecchie ore di terapia, con il proseguire dei giorni divenivano sempre di meno. Dopo cinquanta giorni, il risultato era questo… (vedi fig. 2) Roberta aveva già in programma, in quei giorni, l’ennesima visita dal chirurgo per fare il solito tampone, in modo da controllare lo stato dei batteri presenti (in particolare non riuscivano a debellare lo Taphylococcus Aureus); ma appena il medico ha visto la gamba, stupito, ha confermato che non ce n’era bisogno, perché già era chiaro che non c’era più alcun batterio. Che dire….
Angela